Alcune vittime costrette a entrare in società con gli estorsori
Conchita Sannino
Marcianise, presi due imprenditori legati al clan Belforte Dieci anni di dominio incontrollato sull´affaire rifiuti. Nel caso occorressero conferme, una nuova indagine racconta il doppio ricatto mafioso con cui la cosca dei Belforte, - i temibili Mazzacane del casertano, alleati non subalterni dei casalesi - continuavano a lucrare tangenti e appalti nel settore dell´immondizia. Due imprenditori sono stati fermati da carabinieri e Guardia di Finanza. Si tratta di Giuseppe Buttone (cognato del boss Salvatore Belforte) e Pasquale Di Giovanni, entrambi accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alle estorsioni. L´indagine rappresenta l´ulteriore sviluppo dell´inchiesta condotta dall´antimafia di Napoli sulle infiltrazioni da parte delle organizzazioni camorristiche nel settore della gestione dei rifiuti. Come, appunto, i Belforte di Marcianise e dintorni.
Dopo 15 anni di emergenza, gli scandali sulle collusioni tra clan e consorzi addetti alla raccolta, e due severi decreti legge improntati alla tolleranza zero della gestione Bertolaso, si scopre che dal 1997 ad oggi, in particolare in Terra di Lavoro, la longa manus del crimine organizzato continua a condurre il gioco. L´indagine dimostrerebbe che il clan Belforte usava la tecnica della doppia estorsione: da un lato, taglieggiava i piccoli imprenditori del settore raccolta, costringendoli dietro minacce a versare tangenti; dall´altro, costringeva alcune aziende a divenire contitolari, per alcune loro attività, della ditta di cui due riferimenti del clan - il cognato del boss ed un suo luogotenente - risultavano essere titolari. I carabinieri del Noe di Caserta e Roma, e gli 007 della Guardia di Finanza di Marcianise descrivono i due indagati come «imprenditori di successo, che esercitavano il monopolio nel recupero dei rifiuti». Dagli accertamenti emerge infatti che Buttone e Di Giovanni in realtà erano il "braccio" del clan Belforte.
L´attività dei due fermati durava da anni. Alcune estorsioni erano state realizzate in concorso con il capoclan Salvatore Belforte. Si comincia nel ´97: quando il gruppo costringe un imprenditore, a ridosso di Natale, a versare 20 milioni di vecchie lire al padrino. Ma gli indagati continuano tuttora ad operare tanto che, anche recentemente, si sono nuovamente presentati presso gli impianti dei medesimi imprenditori estorti. Denuncia il presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo: «Il settore rifiuti è da tempo il core business dei clan in provincia di Caserta e non solo. Un affare gestito da una vera e propria holding che fattura oltre 600 milioni di euro all´anno».(05 dicembre 2008)