Puntuale alle 10,30 il Kalura attracca al molo dello Yachting Santa Margherita di Procida.
Saliamo a bordo ed il comandante Francuccio dirige la prua verso la costa cilentana. Dopo appena trenta minuti siamo a pochissime miglia dalle Bocche di Capri.
Il solo nome mi fa tornare alla memoria tanti ricordi di gioventù.
Il salto di Tiberio è sulla dritta, con la Villa Jovis testimone e complice di intensi amori estivi, la gioventù, la voglia di arrampicarsi fin lassù senza segni di fatica, ma solo entusiasmo e voglia di amare. Un buon bicchiere di vino genuino da Augusto, per mitigare la calura estiva e preparare adeguatamente i favori delle svedesine discendenti di Axel Munte.
Puntuale alle 10,30 il Kalura attracca al molo dello Yachting Santa Margherita di Procida. Saliamo a bordo ed il comandante Francuccio dirige la prua verso la costa cilentana. Dopo appena trenta minuti siamo a pochissime miglia dalle Bocche di Capri. Il solo nome mi fa tornare alla memoria tanti ricordi di gioventù. Il salto di Tiberio è sulla dritta, con la Villa Jovis testimone e complice di intensi amori estivi, la gioventù, la voglia di arrampicarsi fin lassù senza segni di fatica, ma solo entusiasmo e voglia di amare. Un buon bicchiere di vino genuino da Augusto, per mitigare la calura estiva e preparare adeguatamente i favori delle svedesine discendenti di Axel Munte. Ma anche tanti ricordi storici legati a Tiberio ed alla sua vita caprese così bene trasmessaci da E. Ciaceri nel suo “Tiberio successore di Agusto”.
Dovendo però parlare di canzoni non posso soffermarmi a disquisire di fatti storici. Se proseguo allora nella descrizione della nostra navigazione, c’è una ragione. Dopo aver doppiato il faro di Punta Licosa, spettatrice muta delle nostre mitiche battute di pesca sub, ecco in divenire Ogliastro, Acciaroli, Pioppi, Casalvelino, Marina di Ascea e più su a mezza collina la ridente Ascea patria di Francesco Bruno.Chiarissimo scrittore che oltre alle interessanti critiche sulla terza pagina del Mattino di Napoli, ci ha descritto, ed io ne faccio riferimento, in modo puntuale “La scapigliatura napoletana e meridionale”.
Allorquando lessi per la prima volta questo libro non avevo afferrato compiutamente la collocazione che si veniva a dare ai napoletani Di Giacomo, Russo, Capurro, Cinquegrana, Costagliola, Chiurazzi, Postiglione, Galdieri ed agli altri che erano stati presi in esame. In seguito, però, approfondendomi nella lettura, compresi quanto importante fosse stato quel periodo in cui agirono i Nostri. Cosa fu allora la Scapigliatura e da dove prese le mosse: Scapigliati erano da ritenersi i lirici napoletani che, dopo l’anno1880 , espressero forme nuove e originali di poesia, camminando nel solco della tradizione letteraria che risaliva al seicento. Come i provenzali, i napoletani, senza magari averne consapevolezza, diventarono i protagonisti di un Rinascimento poetico destinato a concludersi poi con la scomparsa di essi e in conseguenza di accadimenti sociali e politici, di guerre e rivoluzioni, che schiantarono, travolsero, trascinarono via, abbatterono i pilastri su cui si era eretta, per un cinquantennio circa, la copiosa letteratura in dialetto. Inoltre la Scapigliatura napoletana si contrappose anche a quella lombarda che veniva accomunandosi con i poeti parigini cosiddetti –maledetti- Verlaine e Rimbaud, distinguendosi però da essa: proprio per la distanza presa dagli stranieri. Niente Poe, niente Baudelaire, neanche contatti ideali. Fu soltanto, e ti pare poco, l’esplosione di un ardente rinnovamento della tradizione di una poesia popolare: resa manifesta spontaneamente ed in modo incontenibile.
Alla luce di quanto detto penso che la Storia della Canzone Napoletana assuma tutt’altra valenza. Non siamo più jn presenza di un fenomeno popolare, di parolai dei quali vi è traccia in ogni casa napoletana. No signori miei! Qui si tratta di veri e propri Poeti, Poeti con la P maiuscola. Poeti che hanno dato inizio e conclusa una fase artistica durata mezzo secolo. Fu tanto importante il loro divenire da incrementare il movimento letterario e giornalistico presente in città, dove agivano in maniera attiva anche pittori e scultori. Molti i punti di contatto quindi con i pittori del vedutismo napoletano; Morelli, Palizzi, Dalbono, Migliaro, Caprile in quanto anch’essi romantici e scapigliati con quel realismo vigoroso delle immagini che –guadagnava un equilibrio espressivo e figurativo.
Vorrei che i detrattori della nostra Canzone si concentrassero nella lettura delle pagine scritte da Francesco Bruno, e dare il giusto valore poetico e letterario a quelle Canzoni che hanno portato nel mondo la nostra genialità musicale. Non sentimentalismo e/o saudade, ma pagine scaturite da un vero e proprio retroterra culturale che affonda le sue radici nella storia del nostro Paese, e per Paese in questo caso intendo il Regno di Napoli.Ma anche tanti ricordi storici legati a Tiberio ed alla sua vita caprese così bene trasmessaci da E. Ciaceri nel suo “Tiberio successore di Agusto”.
Dovendo però parlare di canzoni non posso soffermarmi a disquisire di fatti storici. Se proseguo allora nella descrizione della nostra navigazione, c’è una ragione. Dopo aver doppiato il faro di Punta Licosa, spettatrice muta delle nostre mitiche battute di pesca sub, ecco in divenire Ogliastro, Acciaroli, Pioppi, Casalvelino, Marina di Ascea e più su a mezza collina la ridente Ascea patria di Francesco Bruno.
Chiarissimo scrittore che oltre alle interessanti critiche sulla terza pagina del Mattino di Napoli, ci ha descritto, ed io ne faccio riferimento, in modo puntuale “La scapigliatura napoletana e meridionale”.
Allorquando lessi per la prima volta questo libro non avevo afferrato compiutamente la collocazione che si veniva a dare ai napoletani Di Giacomo, Russo, Capurro, Cinquegrana, Costagliola, Chiurazzi, Postiglione, Galdieri ed agli altri che erano stati presi in esame.
In seguito, però, approfondendomi nella lettura, compresi quanto importante fosse stato quel periodo in cui agirono i Nostri. Cosa fu allora la Scapigliatura e da dove prese le mosse: Scapigliati erano da ritenersi i lirici napoletani che, dopo l’anno1880 , espressero forme nuove e originali di poesia, camminando nel solco della tradizione letteraria che risaliva al seicento.
Come i provenzali, i napoletani, senza magari averne consapevolezza, diventarono i protagonisti di un Rinascimento poetico destinato a concludersi poi con la scomparsa di essi e in conseguenza di accadimenti sociali e politici, di guerre e rivoluzioni, che schiantarono, travolsero, trascinarono via, abbatterono i pilastri su cui si era eretta, per un cinquantennio circa, la copiosa letteratura in dialetto. Inoltre la Scapigliatura napoletana si contrappose anche a quella lombarda che veniva accomunandosi con i poeti parigini cosiddetti –maledetti- Verlaine e Rimbaud, distinguendosi però da essa: proprio per la distanza presa dagli stranieri. Niente Poe, niente Baudelaire, neanche contatti ideali.
Fu soltanto, e ti pare poco, l’esplosione di un ardente rinnovamento della tradizione di una poesia popolare: resa manifesta spontaneamente ed in modo incontenibile.
Alla luce di quanto detto penso che la Storia della Canzone Napoletana assuma tutt’altra valenza. Non siamo più in presenza di un fenomeno popolare, di parolai dei quali vi è traccia in ogni casa napoletana.
No signori miei! Qui si tratta di veri e propri Poeti, Poeti con la P maiuscola. Poeti che hanno dato inizio e conclusa una fase artistica durata mezzo secolo. Fu tanto importante il loro divenire da incrementare il movimento letterario e giornalistico presente in città, dove agivano in maniera attiva anche pittori e scultori.
Molti i punti di contatto quindi con i pittori del vedutismo napoletano; Morelli, Palizzi, Dalbono, Migliaro, Caprile in quanto anch’essi romantici e scapigliati con quel realismo vigoroso delle immagini che –guadagnava un equilibrio espressivo e figurativo.
Vorrei che i detrattori della nostra Canzone si concentrassero nella lettura delle pagine scritte da Francesco Bruno, e dare il giusto valore poetico e letterario a quelle Canzoni che hanno portato nel mondo la nostra genialità musicale. Non sentimentalismo e/o feudade, ma pagine scaturite da un vero e proprio retroterra culturale che affonda le sue radici nella storia del nostro Paese, e per Paese in questo caso intendo il Regno di Napoli.